Estraneità all’iniziativa ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’

Estraneità all’iniziativa ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’

Il Centro di Ricerca Gianfranco Ferré del Politecnico di Milano intende comunicare la propria totale estraneità all’iniziativa dal titolo ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’ organizzata dal 12 al 16 giugno da WP archivio presso il proprio punto vendita di Firenze in collaborazione con l’Istituto Marangoni Firenze, per il Master in Art Management e Curating Art and Fashion.
Il Centro di Ricerca Gianfranco Ferré non è stato informato né ha contribuito in alcun modo alla progettazione e alla conseguente realizzazione dell’iniziativa. Inoltre, non è stata richiesta dagli organizzatori alcuna autorizzazione per la riproduzione, nell’allestimento della mostra, dei documenti di proprietà dell’archivio del Centro di Ricerca Gianfranco Ferré riconosciuti nel 2014 come patrimonio “di particolare interesse culturale” da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della Soprintendenza Archivistica per la Lombardia.

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Pensando che nella moda “la fantasia non è più quella di un tempo” (che cosa c’è di inedito? di non dejà 2vu? di rivoluzionario?) e che l’inverno va visto come un fatto più compiuto, meno tra-là-là, comunque da vivere “vestite”, Gianfranco Ferré ha scelto come obiettivi della sua nuova collezione la linearità, la pulizia, la costruzione, il gioco dei volumi, rifiutando tutto ciò che ha l’aria casuale e abbandonata, ricercando un’immagine che faccia a meno dell’ “accessorio surplus”.

E allora, ecco la scelta dei tessuti e dei materiali senza equivoci e mollezze: corposi panni doppi da sartoria rifiniti di gros, harris tweed o tweed pepe e sale, pesanti jersey ad effetto “melton”, cotone gommato per gli impermeabili, nappa imbottita e “borego” per i blousons, doppi crêpe a effetto interlock per la sera, rustici loden accostati alla pelle.

E poi, ecco la predilezione per i colori “metropolitani”: grigi velati e nebbiosi, grigi scuri e fumosi, una gamma di blu che ricordano l’Oriente (China, indaco, copiativo), tanti colpi di rosso deciso e sicuro, e naturalmente, il nero.

E dunque, ecco la scelta delle linee nette, senza mezzi termini: le giacche lunghe con le allacciature nascoste e i colli a listone in forma impunturati, i caban senza collo con effetto di doppia manica, la serie di “vareuses” sportivissime, gli spolverini impermeabili, i mantelli a vestaglia lunghi al polpaccio, contrapposti a cappotti lineari in morbido velours che si arrestano sopra al ginocchio, le sottane decisamente lunghe diritte e spaccate, che talora nascondono effetti di doppio che rispondono a criteri funzionali i pantaloni senza pinces in vita che acquistano rotondità al ginocchio, i “vestiti-coulotte”.

E ancora, ecco la decisione di “legare tutto” con fili conduttori come le impunture, certi tagli e accorgimenti presi a prestito dalla “civiltà del chimono”: motivo ricorrente è l”’obi”, di maglia e pelle sui capi da giorno, di paillettes su quelli da sera, dove enfatizzato, diventa talvolta corpino indossato su particolari pantaloni dal taglio triangolare, di faille, di grisaille di seta o velluto.


tessuti: AGNONA – BINI – BARGHENTI – CALEDON – CANEPA – DONDI JERSEY – ETRO – FALIERO SARTI – ITS ARTEA – JACKITEX – LESSONA – LORO PIANA – PIACENZA – SCHLAEPFER – TARONI – TASCO – TORELLO VIERA – VERGA – VERZOLETTO.

filati: FILATI PUCCI – LINEA PIU’.

Linea accessori: Gianfranco Ferré

Foulards prodotti e distribuiti da I PARALLELI

Calzature prodotte e distribuite da GUIDO PASQUALI

Borse prodotte e distribuite da REDWALL

Bijoux disegnati da GIANFRANCO FERRE’

Makeup “The professional” di OLGA TSCHECHOWA

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Così, mi piace immaginare e raccontare l’uomo Gianfranco Ferré per il prossimo Autunno/Inverno come una sorta di moderno alchimista, sicuramente curioso e forse anche eccentrico, comunque consapevole e attento. Partendo da ciò che si può tranquillamente definire consueto e abituale, questo alchimista fa propria la pacata forza dirompente della normalità. Arrivando, senza difficoltà, al nuovo, al non ovvio, all’originale. Perché sa e vuole cercare…

… Cerca l’accuratezza delle costruzioni, optando per soluzioni inedite, quasi sorprendenti. E sceglie, per esempio, il cappotto assolutamente classico all’apparenza, il cui volume però presenta un’unica cucitura.

… Cerca l’impeccabilità delle forme, concedendosi però proporzioni più comode e generose.

… Cerca l’eccellenza autentica dei materiali, l’unicità del loro pregio, rinunciando ad ogni mistificazione, ad ogni elaborazione che non sia necessaria.

… Cerca la solidità dei colori, privilegiando i più densi ed i più intensi”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

Le più normali, le più speciali. Senza tempo, mai scontate. Lane superpettinate e cotoni ultracompatti. Cachemire lucidati e sete impermeabili. Coccodrillo e zibellino. Bufalo aerato e gonfiato, nappa laserata a scaglie…

I COLORI.

I più cupi, i più profondi. Persino più del nero. Inequivocabilmente invernali. Blu, grigio antracite, burgundy, un marrone virtuale che nasce da un intreccio davvero alchemico di filati ciascuno in una sfumatura differente…

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Il mio stile al maschile – che io amo definire ricorrendo alla formula di “Homme Couture” – si può leggere senza difficoltà come processo di evoluzione attento a ciò che si indossa, ma anche e soprattutto a come e perché lo si indossa…

Io credo in generale nell’evoluzione. Non nelle rotture radicali, negli sperimentalismi ad oltranza, nel recupero acritico di esperienze passate. L’evoluzione per me non è altro che innovazione che si compie costantemente attraverso piccoli-grandi interventi di cambiamento, frutto di una volontà sottile e tenace di realizzare una “quieta rivoluzione”. Una rivoluzione pacata e consapevole, compiuta con la mente perché diventi progetto di eleganza. Compiuta anche con il cuore e con tutti i cinque sensi, perché regali emozioni…

La mia collezione Uomo per la Primavera/Estate 2007 nasce esattamente in quest’ottica. Nel rispetto immutato – e tuttavia sempre nuovo – di un lessico che parla di rigore, libertà e precisione, di amore dichiarato per le materie senza tempo e piacere alchemico per la sperimentazione…”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

Naturali e iper-compatte, nobili e alchemiche. Gabardine, crêpe e cotoni doppi, textures accoppiate e lane ingualcibili. Canguro cerato, anaconda e coccodrillo baby lavati…

I COLORI.

Pietrosi e metallici. I colori della ghiaia, della sabbia, della limatura di ferro, della pomice…

Gianfranco Ferré “Homme Couture”: Identità, definizioni…

“La formula “Homme Couture” identifica l’attitudine all’eccellenza e la ricerca di qualità che sono valenze intrinseche al DNA del mio stile al maschile.

La mia “Homme Couture” non intende parafrasare la Haute Couture (il “su misura” sartoriale), che presuppone l’unicità del capo realizzato ad hoc per il singolo cliente.

In concreto, questa formula identifica qualcosa che si percepisce toccando e osservando un capo con attenzione…”

Gianfranco Ferré

Sono, in particolare, le scelte materiche e le costruzioni a creare questo plus di qualità:

– Le lane sono sempre “extra-fine”ed “ultra-light”, a 200 micron di definizione.

– Le mischie di lana e seta sono a 180 micron.

– Il cotone “sea island” è ritorto doppio, è raso da “alta moda”, è tricottino, è gabardine double.

– La seta delle giacche tuxedo non supera mai i 90 grammi di peso. E le loro costruzioni “segrete” sono volutamente esibite in esterno.

– La nappa, intagliata al laser, si sovrappone al lino in tridimensionalità.

– Il nabuk è lavato e doppiato in denim.

– Anche il coccodrillo naturale è lavato, tagliato al vivo e accoppiato al canvas.

– Il canguro è alleggerito e si intarsia con la maglia di seta. Oppure è cerato e sottoposto a trattamenti antiacqua.

– Il vitello “rush” è tagliato al vivo, con le coste laccate a contrasto.

– L’organza cangiante nelle giacche da sera è appoggiata sulla tela di seta. La stessa organza ricopre il denim, lavato e rotto, dei jeans.

– Le giacche hanno le paramonture in Oxford, avvicinate alla fodera in seta, la “F” ricamata e la profilatura interna che da sempre è un “segno” della “Homme Couture”. Mentre l’esterno mostra intarsi inediti.

– Nell’architettura della camicia bianca, il volume viene “scaricato” sul dietro, e la configurazione del giromanica aiuta questo spostamento di equilibrio. Mentre le cuciture presentano sette punti ogni centimetro.

– E ancora, la camicia è percorsa da nervature, che, osservate da vicino, si rivelano cuciture di almeno dieci, differenti tipologie.

– Come nei blouson, anche nelle borse la nappa è intagliata al laser con effetto tridimensionale e abbinata al canvas

– Il cammeo intarsiato sul marmo spicca sui sandali e, come fibbia, sulle cinture…

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“Sono convinto che lo stile di oggi debba essere strumento di espressione di sé, del proprio essere e del proprio modo di vivere.

Esattamente in quest’ottica si legge la mia collezione Uomo per il prossimo Autunno/Inverno. Una collezione che si muove tra codici consolidati di eleganza ed emozioni vissute, tra regola ed interpretazione, tra segni intenzionali di normalità e rigore e dichiarazioni di voluta eccentricità, che rimandano non solo ad una consuetudine storica, ma anche ad un’attitudine alla disobbedienza.

Come mi è proprio, anche in questa collezione ho voluto ridefinire formule abituali in una logica di originalità e contemporaneità, ponendo l’accento sull’eccellenza delle materie e delle costruzioni, sulla pacatezza delle modulazioni cromatiche che lasciano spazio alla ricercatezza e ad una dichiarata preziosità.

Muovendomi per incisi e contrappunti, ho disegnato così una collezione sensata ed equilibrata, per un uomo libero di scegliere come e cosa essere. Un uomo assolutamente intenzionato a non omologarsi perché ha in sé un senso di educazione nel proporsi. Un uomo che è, innanzitutto, individuo e persona e che tranquillamente potrebbe affermare: “Io non sarò mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me…”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

La lana di cammello albino, pregiata perché rara. Il cachemire ultraleggero. La seta tecnica. Il cotone, perché naturale. Le pellicce più speciali: visone palomino, coyote, castoro spitz. Le pelli preziose: coccodrillo a micro-scaglie, struzzo, canguro…

I COLORI.

Pacati, rilassati, densi, luminosi, sfumati, urbani, naturali… Nero, marrone, bianco, pepe, cammello ultralight…

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“Se dovessi definire questa collezione, direi che è pervasa da un senso cosciente di libertà e da una volontà decisa di virilità. Ma senza cadere nell’eccesso, senza esasperare… Tutto è osservato con lo sguardo di chi si appropria, con autonomia, di formule, codici, forme estetiche dalla forte impronta mediterranea, che arriva a sconfinare con il Nord Africa, letto ed esplorato con l’intelligenza un po’ dissacrante e molto occidentale di Paul Bowles. Nessuna strizzata d’occhio all’esotismo, al marocchino o al berbero. Mi piace però sottolineare la parola Mediterraneo perché contiene una certa dolcezza, una saggia semplicità, una tranquillità che ci appartengono. Per senso di civiltà e per volontà di essere civili, sfuggendo all’asfissia di un solo passato, una sola tribù, una sola cultura, il cui effetto è, per paradosso, la mancanza di cultura…”

Gianfranco Ferré

C’è un senso appropriato e naturale del CORPO e della sua struttura, ma, al tempo stesso, un desiderio di libertà e un rifiuto di ogni costrizione, che privilegiano istintivamente le forme più ampie. Così, la giacca leggera è costruita sostenendo le spalle, segnate dalle spalline di misura giusta, e scendendo poi morbida intorno al bacino. I pantaloni sono larghi di gamba, ma si appoggiano sui fianchi, al contrario del genere baggy.

Superato il minimalismo, la ricerca di ELEMENTARIETA’ si esprime nella particolarità del tessuto, declinando in modo inedito materie come l’organzino anche per abiti, T-shirt, tute. Oppure ricorrendo a mischie in gabardine e seta con effetto cangiante, ma velato da un’ombra di opaco. O allo chambray di cotone, che permette di confermare formule diverse del vestire. Formule che rimandano a mille culture e che ora appartengono alle mille, nuove tribù del vivere di oggi: la camicia senza colletto, lo spolverino che veste come una camicia da lavoro o una giacca allungata, la giacca-camicia in crêpe di lana leggerissimo e svuotato, con la tasca interna e una linea sciolta, morbida.

Il principio del COMFORT è alla base di un guardaroba che offre anche shorts, scarpe dalla suola di bufalo e gomma, pullover che sembrano tinti e sporcati a mano, camicie di tela lavata. Perfino la preziosa seta viene spazzolata perché diventi simile alla ciniglia.

Si sommano gamme di COLORI mediterranei, densi e scuri: terra, muri, rocce. Di colori chiari: grigi sabbiati, bianco alba. Di azzurri slavati, come cieli al mattino presto.

Nell’orizzonte JEANS si colgono segni forti di novità: l’utilizzo dello chambray, laccato, leggerissimo e mescolato a un filo di taffettà per le camicie, e soprattutto l’uso della canapa. Con questa fibra pura e vegetale, che è resistentissima all’usura ed ha in sé il concetto stesso di ecologia, Gianfranco Ferré ha realizzato jeans, camicie e giubbotti, lavati e rilavati perché la mano del tessuto diventi morbida e vissuta. Senza tingerli, per mantenerne il colore naturale.

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Bartolini – Bocchese – Braghenti – Campore – Canepa – Clerici Tessuto – Colombo – Cugnasca – Dondi Jersey – Fintessile – F.P.R. – Jackytex – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Paganini – Paolo Gilli – Ratti – Serikos – Solbiati Sasil – Sordevolo – Tessitura di Quaregna – Tessitura di Tollegno – TJSS – Torello Viera – Verga

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“Pensare una collezione. Pensare una collezione maschile… Oggi per me significa esprimere una volontà radicale e severa di pulizia, plasmando la materia, consolidando alcune forme e variandone altre, eliminando riferimenti troppo voluti. Come un certo neodandismo, certi compiacimenti estetici che generano solo divise: la divisa del giovane, la divisa del bello, la divisa del palestrato. Mentre l’abbigliamento – io credo – dovrebbe essere elementare, sciolto, con quella ragionata spontaneità che ci porta a fare scelte anche opposte: tanto/poco, smilzo/ampio… Così diventa naturale vivere con un pullover a collo alto o a girocollo nero, elastico, la cui dimensione, appiccicata o abbondante, varia secondo il modo di essere e di comportarsi. Diventa naturale che la giacca si allunghi o si accorci avvicinandosi al corpo, che si trasformi in un pratico overcoat: abbastanza lungo perché protegga dal freddo e garantisca il comfort del cappotto al quale di fatto si sostituisce. È naturale, in un futuro in cui le condizioni, le temperature ed i luoghi nei quali si vive influenzano sempre meno la nostra attitudine al vestire, passare dall’ipertecnico (elementi quasi da tuta da astronauta) al neutro, al primario e persino primitivo, al senza tempo (quasi vecchi k-way da pescatori del Nord). È naturale relegare il colore a pure scelte individualistiche, mimetizzandosi nelle tonalità indefinite ed indefinibili quasi da tuta da operaio, dal nero stinto al grigio-verde. Come è naturale, per proteggersi, ricorrere a strani effetti plastificati che mutano la consistenza e le tonalità di alpaca e cachemire”

Gianfranco Ferré

Futuro. Le parole per dirlo

Gomma. Spalmata sull’alpaca e sul montone per impermeabilizzarli, sulla flanella (quasi una seconda pelle), sul cuoio delle scarpe per isolarle termicamente, vulcanizzata per le suole anfibie.

Pelliccia. Per le grandi avventure, nella versione di tenero orsetto, quasi peluche da bambini, oppure ispida, siliconata perché diventi impermeabile (come ai tempi in cui veniva rifinita con l’impeciatura)

Mischie. Di lana/cotone e viscosa/seta, simile ad una flanella grattata, un velluto, ma leggerissimo. Per camicie asciutte, niente più che uno strato tra corpo e giacca.

Piombo. Sigilli, borchiature per rinforzare l’aggressività della pelle, bulloni avvitati che ricordano vecchie tute da palombaro. Un nuovo aspetto metallico, ma duttile.

Alpaca. Sciolta e morbida, poco ritorta e tessuta con seta e viscosa per tessuti leggeri e caldi. Con una compattezza ed uno spessore che riportano ai feltri ed ai panni da uniforme.

Velluto. Preziosissimo ma anche floccato, che ricordi la flanella. Utile per tute da lavoro e pantaloni da operaio. Marezzato tra ombre e luce, secondo l’abitudine di stendere il colore solo sulla trama per enfatizzare le increspature naturali del tessuto.

Jeans. Superata la stagionalità del vestire, partecipano all’avventura di sfidate il freddo. Spalmati, imbottiti, doppiati, rinforzati da una fibra di alluminio tra fodera e tessuto che funziona da coibente termico.

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Bartolini – Barzaghi – Bemberg Cupro – Bonotto – Braghenti – Campore – Christoph Andreae – Colombo – Cugnasca – Dondi Jersey – Ferla – Fila F.P.R. – Girani – Jackytex – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Mauro Spriano – Moessmer – Piacenza – Pontoglio – Redaelli Velluti – Ricceri – Serikos – Soies de France – Sordevolo – Tessitura di Quaregna – Tissavel – Torello Viera

ua1996ai

“A parer mio, la necessità di scioltezza e una praticità che non slabbri nell’incuria e nella sciatteria sono oggi i segni più forti del vestire maschile. Dove cade ogni barriera tra formale ed informale, tra il tessuto sportivo e l’abito ufficiale, perché è il modo di interpretare questi formulari e di adattarli alla personalità che determina la differenza tra i momenti e le occasioni… Per costruire abiti dalla vera disinvoltura e dalla assoluta funzionalità, ho approfondito anche la ricerca sulla tecnologia dello sportswear e delle divise riportandoli all’abbigliamento della quotidianità: più che mai duttile e naturale, nel senso di vicino al corpo, visto che perfino tweed e shetland sono sostenuti da un filo di elastomero che consente fluidità e aderenza… ”

Gianfranco Ferré

FORMA

La figura è sciolta e insieme sottile, leggermente allargata verso il basso. Come nella tradizione sportiva e militare che vuole le giacche più comode sul bacino, dove sono collocate le tasche attrezzate. Anche se la vita è appena segnata, tutto è meno rigido e strizzalo, si appoggia facilmente sul corpo. Come nella sartoria di un tempo, le spalle hanno una foggia il più possibile anatomica, con spalline arrotondate. Oppure sono sostenute da cuciture aperte a girelli dello stesso tessuto, in sostituzione delle spalline.

RICERCA

Modifiche strutturali sulle stoffe più tradizionali del mondo: così i tessuti diventano elastici, spessi, adattabili alla linea.

L’elastomero applicato alla lana permette di costruire una foggia più aderente e svelta.

La tecnologia dello sport rielaborata per il guardaroba di ogni giorno dà una diversa praticità a capi caratterizzati da un’ampia libertà interpretativa. Se l’abito è scuro, per esempio, può ben rappresentare anche la formalità senza essere di crêpe o di lana fine.

La pelle, doppiata di nylon o foderata di pile, si conferma una materia all’avanguardia: per l’elasticità, l’animalità, la capacità di durare nel tempo.

TRASFORMAZIONI

Cambia il cappotto: accorciato come un car-coat (al massimo lungo cento centimetri). Sciolto, ma solido: di shetland calandrato, quindi lucido; di cover elastico, dunque gonfio; di alpaca lavata, harris tweed, camel hair imbottiti di orsetto.

Cambia il cappotto aderente, che diventa simile a una giacca allungata: la morning jacket della tradizione, in tessuto morbido. Cambia il blusotto, ispirato ai capi tecnici usati per il bob.

Cambia il vestire per la sera. Bastano un pullover sottile con il collo alto. Bastano polo e T-shirt di velluto giuntato a colori diversi, bastano scozzesi e velluti marezzati.

COLORI

Appartengono alla casistica tradizionale del vestire da uomo. Neutri mielati, blu inchiostro per i gessati stretch. Marroni ombrati per le materie più corpose. Toni oscuri e opachi, da sottobosco e palude, per spazzolini e alpaca lavata. Avorio e nero per i tessuti a check, tweed, puntinati all’inglese.

SOSTANZA

La materia è corposa, spesso compatta: flanella double, garzata da entrambe le parti; flanella con rovescio di seta e viscosa, fluida al vestire.

Maglieria spessa perchè follata. Punto stoffa di cammello per pullover dalla linea semplicissima. Regimenlal che rispettano la tradizione con bande di canneté e panno applicate sui maglioni a punto stoffa.

Camicie aderenti, piccole, spesso di maglia simile a jersey, sul genere di polo e magliette. Camicie di tessuto stretch che riprendono la formula classica: colletto amovibile, come scelta di decoro, e trasformabile perché si può piegare in maniera diversa, sino a diventare un modello a solino per la cravatta.

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Agnona – Bartolini – Barzaghi – Braghenti – Campore – Canepa Clerici

Tessuto – Colombo – Cugnasca – Dondi Jersey – Ferla – Fila Fintessile – Jackytex

– Lessona – Limonta – Linea Ardizzone – Loro Piana – Manifattura Ferno –

Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Paolo Gilli – Piacenza – Pontoglio – Ratti – Redaelli Velluti – Reggiani Ricceri – Serikos – Sordevolo – Tessitura di Quaregna – Torello Viera

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“Che cosa significa progettare per l’uomo, quali comportamenti e valori siano sottintesi nell’abbigliamento, è una riflessione che vado precisando con il tempo. Consapevole come sono che analisi ed eccessi deliberati ci allontanano dalla nostra cultura, appannando la coscienza di vivere in una realtà con regole di comportamento da conoscere e in qualche modo rispettare, ho lavorato sulla duttilità del formulario tradizionale, senza scivolare in gag o travestimenti… Sottolineando sempre di più il rapporto tra forma e materia, ho accentuato la ricerca tecnologica sulla tessitura e la finitura e sperimentato nuove combinazioni e trasformazioni di materiali. Per appagare canoni classici, pur adattandoli a fogge contemporanee ed elastiche, che assecondano il nuovo dinamismo dell’uomo, la sua radicata necessità di piacersi. Che non indulge al narcisismo, non scade nel compiacimento, ma rispecchia amore per il corpo e conoscenza determinata di sé …”

FORMA

Equilibrio degli opposti: la giacca, che pure rispetta le tipologie più elementari e determinate del vestire da uomo con una costruzione di spalle e rever adeguata, muta consistenza: molle e peso-piuma in triplo crêpe dall’increspatura naturale. Elementare e compatta in lana stretch, con una foggia più corta e piccola, aderente, in lino calandrato. Grossi tessuti a maglia di viscosa e nylon accentuano l’effetto cascante. Pantaloni morbidi, definiti dalle scarpe solide con suole elastiche e leggere, o più aderenti e affusolati sul fianco.

COLORE

Una gamma di ultraneutri, dal bianco al sabbia, a un’invitante sfumatura nocciola tostata. Il silenzio del grigio, la profondità del nero e del blu. Tocchi decorativi di rosso.

Le segnaletiche più evidenti: grossi damier bianchi e neri; enormi righe gesso e carbone (costruite con particolari operazioni di patchwork) per le camicie; galles gigante e operato per le giacche stile Casinò; gessature al neon per gli abiti stile night a Portofino; bianco e blu per le righe marinare.

STRETCH

Dinamismo e fisicità, evidenza e slancio. Per affrancarsi dalla rigidità della giacca e assecondare l’agilità di comportamento di un uomo educato dallo sport, un filo elastico percorre giacche, pantaloni, camicie. Sottolinea i movimenti pur rispettando la struttura formale degli abiti. Dà sostanza e spessore ai tessuti.

CORPO

Il segno dei movimenti, l’accento di un gesto: quella tecnica particolare che è la calandratura che dà una mano lucente a lini e cotoni, diventa una firma, un elemento di riconoscibilità. Ogni gesto incide una piega leggera, lascia una traccia. Ogni abito prende una forma personalissima, diventa un secondo corpo.

DIVISA

Un lessico impeccabile e familiare che si esprime con il tutto nero accentuato dalla camicia di popeline bianco (all stretch). Il comfort dell’uniforme da lavoro, con un senso di provvisorietà aggiustata, per gli abiti di crêpe sabbiato o marrone, chiusi al collo da un piccolo occhiello esterno. L’elegante praticità delle giacche-sport pieghevoli in tela paracadute, con soffietti e ampiezza calibrati. I completi in rasatello di cotone grigio e i gessati corposi e spessi, che superano il formalismo per andare alla radice della tradizione.

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe Belts

Tessuti: Bartolini – Bellora – Bocchese – Braghenti – Campore – Canepa – Clerici Tessuto – Cugnasca – Dondi Jersey – Fila – Fintessile – Jackytex – Larusmiani – Lessona – Limonta – Linea Ardizzone – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano Paganini – Paolo Gilli – Piacenza – Ratti – Serikos – Seterie Schiera Solbiati Sasil – Sordevolo – Taroni – Tessitura di Quaregna -Tessitura di Tollegno – Torello Viera

Filati: Filpucci – Iafil – Linea Più – Zegna Baruffa

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“Penso che nel vestire maschile di oggi ordine e disordine siano poli opposti soltanto in apparenza. Regola e disobbedienza, in realtà, sono attitudini e connotazioni che convivono senza stridore, si compensano e si compenetrano in piena naturalezza, dando vita alla rilassata eleganza di un modo di essere che diventa stile e può evitare di omologarsi alle mode…

Con intelligenza e consapevolezza, l’uomo sa scombinare e ricombinare tra loro i pezzi del guardaroba. Indossa, per esempio, il formalissimo abito monocolore – tanto preciso nella costruzione da risultare sciolto e destrutturato – sulla camicia aperta, senza cravatta. Per istinto e con ironia, ricerca la novità, senza rinnegare i codici che gli appartengono da sempre. Rinnovare e ritrovare: sintetizzando al massimo, il motto potrebbe davvero essere questo, per definire un comportamento di assoluta linearità…”

Gianfranco Ferré

Anche la scansione cromatica parla di antitesi che si stemperano in assonanze. Suggerisce uniformità che però permette molteplici variazioni sul tema, tanto semplici quanto sofisticate. Il leit motiv estivo è il bianco. Per nulla scontato o monocorde, modulato e sfumato. Un bianco, il più candido e luminoso, si oppone al nero. Un altro bianco, più smorzato e pacato, si accosta al color carruba. Un altro ancora al grigio…

Secondo una logica analoga, le scelte materiche si orientano tra opposizioni singolari e armonie inconsuete, tra leggerezze sorprendenti e corposità decise. Le tipologie sono collaudate e del tutto naturali: lana e cotone, seta e lino. Le diverse consistenze sono decisive nel determinare fogge e vestibilità dei capi. Le carature esprimono sempre l’eccellenza. La lana “180 S” e il cachemire extralight hanno la lievità della tela e disegnano giacche senza peso, da abbinare a pantaloni di cotone grosso. Mentre il cotone “sea island” – il più sottile del mondo – costruisce un parka estivo che pare sfidare la legge di gravità. Un inconfondibile gusto per ciò che è prezioso contraddistingue i pellami utilizzati per i blouson: coccodrillo e struzzo, rospo e karung, tutti alchemicamente virati in bianco…

Mescolare, interpretare, giocare. Oppure aggiungere e togliere, per reinventare le immancabili giacche “masquerade” da sera: sempre sfarzose, sono fatte di strati e strati di organza, moltiplicati e sovrapposti gli uni sugli altri e poi ritagliati e intagliati, ricamati e intarsiati. Con un effetto camouflage indicibilmente magico…

ua2005ai

“E’ del tutto normale che ogni mia nuova collezione prenda vita come progressiva puntualizzazione di codici, casistiche e segni che davvero mi appartengono e che vorrei traducessero l’essenza di uno stile al di là delle mode. Uno stile fatto di regole, norme e canoni, che tuttavia non mirano a costringere, né a imporre soluzioni precostituite. L’approccio al vestire è a misura di individualità, determinato da scelte che dipendono esclusivamente dalla volontà personale e persino dal piacere di esplorare, di ritrovare pezzi vissuti da combinare senza forzature con ciò che appartiene al presente: il blazer militare autentico con il dolcevita in cachemire, la mantella e l’impermeabile, anch’essi militari, con gli abiti più classici, gli anfibi, il pantalone multitasche e la cintura army. Perché, in definitiva, l’eleganza è soprattutto una questione di intenzionale coerenza…”

Gianfranco Ferré

Il grigio è l’anima di un formale autentico, inconfondibile, attuale, scandito da molteplici tipologie di gessato – con spaziature ipersottili o, al contrario, esagerate – che solcano i completi in flanella chinzata, in tasmania a caratura ultrapregiata, in cachemire. Le silhouette risultano asciutte e un po’ allungate, le costruzioni precise e impeccabili. Camicia e cravatta sono un complemento irrinunciabile. La severità urbana del grigio impronta anche la pelle e la pelliccia: struzzo, coccodrillo, foca artica, visone scandinavo…

Il blu d’inverno non può che essere intenso. E’ il blu delle notti nordiche che accresce la corposità dei cotoni spessi, del feltro, delle textures piatte opposte tra loro in giochi di lucido e opaco, di un panno compatto e grosso anche quando è di cachemire, con una resa ancora più tecnica del nylon. Materie ideali per costruire gli overcoat affusolati e sottili come astucci. Ancora blu per il montone e la maglia doppiati in weasel color grafite. Al dolcevita, in cachemire e seta, spetta un ruolo assoluto di protagonista…

Le modulazioni chiare e pacate della cera accentuano la scioltezza dei caban, dei montgomery e delle sahariane invernali in raso lavato, invecchiato e strapazzato, oppure in cordura di nylon, o in stuoia di lana, con gli interni caldissimi in volpe argentina o in ermellino estivo. Per strutturare i blouson più corti e sportivi risulta perfetta la prestanza un po’ rude della pelle di cavallo oliata e trattata a tintura naturale, o della crosta inglese. Al contrario, la duttilità del cachemire più morbido permette di inventare blazer inediti, dall’àplomb perfetto: sono realizzati in maglia jacquard a motivi che ricordano le tappezzerie “Hexagon” di John Aldridge e rivelano una fodera mossa da ombre appena leggibili riprodotte sulla seta, che rimandano ai bronzi di Paul Manship…

La sera assume le sfumature dense di mille metalli ossidati e arrugginiti – bronzo, rame, rutenio, titanio – che insieme al nero e al bianco evocano un’intenzione di sofisticata nonchalance. Sopra la camicia a smoking, con il papillon sciolto, è sufficiente mettere la vestaglia dandy; il twin set in cachemire è arricchito da ricami; il soprabito in lana double lucida ha l’essenzialità della perfezione. Una propensione consapevole all’eleganza che non può fare a meno dei “must have” Ferré al maschile: dalle camicie candide fatte di innumerevoli nastri in gros giuntati, sino all’exploit alchemico dei tuxedo “masquerade”, in cui prodigiosamente si sposano seta stampata e damasco, velluto vissuto e ricami, in un tripudio caleidoscopico di bagliori e riflessi…

ua1995ai

“Mi piace il vento aspro dell’Est. La forza vitale che porta con sé, la corsa al futuro che conserva istinti di rudezza e spontaneità… In questo passato che diventa presente, ho individuato le radici di certe forme elementari, ultra-anatomiche, vicine al corpo. Con spalle arrotondate, fortemente virili… In tessuti apparentemente corposi, che paiono ruvidi ma sono soffici e leggeri, ho trasfuso uno spirito quasi da asceta, duro, che evoca atteggiamenti spartani, confortati dalla morbidezza di camicie senza colletto, di flanella infeltrita… Alternando energia ed abbandono, purezza e sfarzo, ho disegnato una figura che ha il vigore dei ginnasti russi o di certi ballerini acrobatici: Vaslav Nijinsky, Michel Fokine, il clima dei Ballets Russes, la forza alata di Mikhail Baryshnikov…”

Gianfranco Ferré

SENSO DEL DINAMISMO

Scarpe svelte e confortevoli per un passo veloce e solido: stivali molli, suole di para molto porosa, scarpe con le suole di cuoio e la tomaia di tricot elastico. Maglieria leggermente elasticizzata per assecondare i movimenti: interlock, crêpe doppio e triplo con il rovescio di cashmere. Calzemaglie e pullover stretti, che disegnano il corpo nel pieno del dinamismo atletico. Blu, bianco e grigio palestra.

GUSTO DEL VESTIRE TRADIZIONALE

Giacche piuttosto allungate con il colletto stretto e l’abbottonatura alta. Fogge piccole e molto arrotondate, plasmate intorno al corpo, ma sempre slentate e slanciate. Fitta corposità dei tessuti tubici, realizzata con filati gonfi come la ciniglia, misti a crêpe di lana. Vestiti miele e marrone castagna completamente di maglia. Ricchi gessati con il filo di ciniglia in rilievo a colori vivi. Camicie di grosso nido d’ape, colletti di satin amovibili.

RICORDI DI UNA DIVISA

Ufficiali della flotta del Baltico, allievi della Scuola di Ballo di San Pietroburgo, soldati della Guardia, piloti, lavoratori delle acciaierie: retaggi di un formulario maschile mescolato e contraddetto dall’uso rilassato per il tempo libero…

Giubbotti da aviatore, di una misura almeno più grandi del necessario. Pelli di “foca” trattata (tinta di grigio, annerita, smerigliata per creare un effetto craquelé) e doppiata con l’orsetto. Giacche blu ton dettagli cachi, oro vecchio, bianco, come segni di antiche mostrine e gradi. La segnaletica del bottone per un’esigenza d’ordine. Giacche a colori fortissimi di fogge elementari, confortate dalle camicie bianche spesso sbottonate. Senza colletto o con il colletto piatto, di seta lavata, molle, quasi infeltrita.

DUTTILITA’ DEL PALTO’

Forme lunghe e costruite, colletti ridotti, sciancrature un po’ bombate, ampiezze cascanti. In alternativa, pelli vere e sintetiche come le fodere di certi impermeabili, completate dai pantaloni imbottiti. Astrakan leggero, schiarito con la soda per ottenere ombre e screpolature, misto a nylon. Trench di pelle. Giacche matelassé, così lunghe da sostituire il cappotto, portate con pantaloni color calcina e camiciotti morbidi da operaio.

SORPRESA DEL COLORE

Terra e nebbia, marrone e grigio. Splendore di tinte preziose: cobalto, lapislazzulo, malachite, il rosso delle lacche. Colori balcanici per i pullover diritti come una T-shirt, tricottati a patchwork vivaci. Le stesse note intense, come allegorie, ricorrono negli scozzesi e nei principe di Galles.

VIVO GUSTO PER IL DECORO

Un senso nuovo dell’ornamento si riappropria di disegni e fantasie dagli echi storici, tra Ottocento e primo Novecento. Con naturalezza, con normalità, ricorrono tocchi fantasiosi anche nel guardaroba più sobrio: fodere di jacquard cangiante che donano opulenza alle giacche gessate. Pantaloni a fantasie sovrapposte dove ogni disegno è fuso e mescolato, ricchi gilet, sontuose cravatte. Quadretti e principe di Galles accostati al broccato: memoria dell’eleganza di certi emigranti russi o dei dandy d’inizio secolo. Vanità e antica qualità sulle quali posa la patina del tempo e dell’uso.

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Borgosesia – Campore – Canepa – Dondi Jersey – Ferla – Giuseppe Botto – Jackytex – Lanificio Colombo – Lanificio di Piacenza – Larusmiani -Limonta – Linea Ardizzone – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Ratti – Serikos – Torello Viera

Filati: Filatura e Tessitura di Tollegno – Filoré – Filpucci – Zegna Baruffa

ua1993ai

“Tempi mutati, tempi – in un certo senso – più reali e severi, che mi portano a un conscio rifiuto dell’evasione e dell’esotismo, alla negazione dei revival. Che siano baronetti o figli dei fiori, mi appaiono come inutili allusioni e ricordi di fenomeni che mai potrebbero tornare uguali… Mentre forte, esigente, si fa strada la necessità della tradizione in cui far convivere comfort e realtà attraverso forme consolidate, determinate… Anche il senso dell’evasione si nutre della città e dell’ambiente urbano di certi sport, che si possono praticare o dei quali si ammirano i modi e le atmosfere. Come la boxe con i suoi echi classici… Ne deriva quel sano snobismo dell’essere come si vuole, del scegliere quel che si vuole…”

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 4 gennaio 1993)

Procedendo per istinti e sensazioni, costruendo il lessico di uno stile che si conferma e si arricchisce naturalmente, stagione dopo stagione, il gusto si delinea con sottigliezza, per passi logici. Così la giacca si allunga e il doppiopetto da quattro bottoni passa a otto. I colori squillanti sono immersi in una patina pastosa, che ha la profondità di un’ombra… I tessuti hanno un corpo e un volume che rendono più morbida la tonalità: il bianco e il nero delle lane spugnose, dei tessuti rigonfi ispirati alle magliette tecniche; il crêpe di lana blu lavorato a microtrecce; il pullover di ciniglie mescolate… Il gessato si moltiplica: blu copiativo sul nero, marrone scurissimo e mattone, verde abbinato al blu, blu a righe rosse o zucca…

Cambiando l’ordine degli addendi, il risultato cambia. Nell’aritmetica del gusto, è il modo di unire, assemblare, portare che disegna un’immagine nuova. Il cappotto di cammello – morbido come una vestaglia, come una coperta – si indossa sulla T-shirt e sul jeans gessato come sulla flanella. I blazer di cashmere, velluto liscio o ciniglia dai toni foschi (vinaccia, navy, verde pino) si completano con pantaloni e pullover neri, o con maglieria di ciniglia… Le giacche di lana che sembra cotta, di pesante satin in lana e seta, possono anche scegliere colori decisi, sfumature forti… Il trench color mastice, accorciato al ginocchio e con il colletto di montone, riscalda i vestiti di flanella. Gli abiti di lana gonfia (per l’intima ricchezza del filato) sono molli e sfoderati, con la quieta disinvoltura di un pullover…

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cappelli – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Ombrelli – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Bocchese – Boggio Casera – Borgomaneri – Bossi – Braghenti – Campore – Dondi Jersey – Ferla – Fila – Fintes – Jackytex – Lanificio Colombo – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Moessmer – Ormezzano – Pontoglio – Rivertex – Solbiati – Solbiati Sasil – Sordevolo – Tessitura di Tollegno – Thomas – Torello Viera – IWS

Filati: Filpucci – Filatura di Tollegno – Linea Più – Zegna Baruffa – IWS

ua1989pe

“Una collezione rigorosa, coerente. Una scelta di qualità omogenea, alta, con le punte di certi tessuti, certi double di lino che richiedono un’attrezzatura e una mano d’opera specializzate… Una collezione ricca, completa, che risponde a tutte le necessità del guardaroba con una serie di proposte flessibili… Da leggere come la conferma di quella semplicità, elementarità e ricerca che connota la “Ferré Uomo”. Da rileggere cercando il filo sotterraneo e unificante di alcune suggestioni: marinaio inizio secolo, coloniale, estate in città anni trenta… Presenze che non si contraddicono, umori che si riconoscono anche se appena accennati perché appartengono alla tradizione dell’eleganza virile…”

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 27 giugno 1988)

Definizione di un guardaroba maschile per tipologie, somiglianze, assonanze, conseguenze.

FORMALE

Tessuti a crêpe; sete naturali opalescenti; gabardine a titoli fini cangianti; lino sostenuto e foderato da abito all’inglese; popeline di cotone e seta. Complementi: camicie di popeline a righe, lino bianco inamidato, cravatte di seta jacquard o stampate su georgette pesante, cintura di pellame prezioso alta quattro centimetri – com’é la regola -, scarpe chevron ultraleggere. Ma anche l’innovazione delle giacche di lino double, in cui la trama traspare in superficie.

DISINVOLTO

Reps di lana e cotone, gabardine di lana e cotone. Mischie corpose di viscosa e lana. Pekary lavorato. Volumi più ampi sia nei pantaloni sia nelle camicie. Giacche soft, quasi destrutturate. Tessuti di peso diverso accostati in monocromia.

Complementi: cinture in tubolare di cuoio smerigliato, morbido. Scarpe sciolte, sfoderate, con la suola di bufalo multistrato e microporosa perché sia elastica e comoda.

GINNICO

Comfort e mancanza di ostentazione, quasi un vago gusto per tutto ciò che é vissuto, recuperato, in un certo senso – tutto interiore e intellettuale – già appartenuto. Cashmere e lambswool uniti a mano, tricot di cotone a patchwork di punti. Argentine in organdis di cotone leggero. Oxford declinato dalla camicia alla giacca ai bermuda. Giacche a vento di lambswool accoppiato al bemberg. Camoscio peso piuma spalmato di gomma, pekary naturale, giuntato con cuciture piatte.

Complementi: scarpe tecnologiche, quasi senza stringhe. Suole di gomma e bufalo, calze di cotone consistente.

DETTAGLIATO

Orologi, occhiali, accessori in pelle.

Oggetti design di un progetto firmato Ferré di alta tecnologia e di avanzata ricerca.

Tessuti: Bocchese – Boggio Casera – Bonotto – Braghenti – Calvino – Carpini – Cugnasca – Dondi Jersey – Ferla – Fila – Fintes Hausammann e Moos – Jackytex – Larusmiani – Lessona – Loro Piana – Mantero – Rivertex – Solbiati Sasil – Tessilidea Tessitura di Tollegno – Torello Viera – IWS

Filati: Filati Pucci – Filatura di Tollegno – Lineapiù – Ricignolo – Zegna Baruffa – IWS

Foto: Babic

ua1987ai

Per un vestire tra norma e forma,

che l’impermeabile sia in vera gabardine di lana, rifinito con puntiglio sartoriale, e la giacca di vero harris, intenerito da un filo di mohair (l’anima è morbida, ma l’aspetto ruvido).

Che il trench ultraleggero sia sciolto e abbondante, e il cappotto per guidare corto e ben costruito.

Che la linea sia decisa e lo spirito severo: ogni colore secondo tradizione, il blu dov’è canonico l’uso del blu, il grigio e il nero come vuole l’abitudine. Ma anche gamme indefinite di colori, mescolate fino a ottenere un effetto monocromatico.

Che il disegno sia compatto (rinforzando la pelle con fodere di tela in modo che sembri più consistente pur restando elastica) e la qualità, artigianale (sostenendo con impunture in pelo di cammello l’interno dei cappotti).

Che i tessuti, anche i più rari, abbiano un’apparenza familiare ma lo spirito sia sofisticato: il crêpe doppio imita la lana, il jersey interlock sembra un tricot, il mohair è lavorato a rovescio come una gabardine, la baby alpaca si mescola al lambswool.

“Credo nell’abbigliamento formale … Negli abiti classici che possono – anzi devono – essere confortevoli, ma senza mescolare i ruoli, confondere le situazioni. Perchè il vestire da città ha regole precise, come il tempo libero, e risponde a un codice già verificato. Ma si possono scambiare le esperienze, questo sì, e travasare certe soluzioni. Così, parte della ricerca svolta per la Gianfranco Ferré, che è una collezione formale, confluisce nella Oaks, che invece è informale. Ma ognuna si riferisce a momenti diversi, a usi diversi…

L’uomo che sceglie Ferré applica lo stesso principio di un collezionista o di un finanziere che gioca in borsa: sapendo che vestire è un piacere, sceglie cose molto belle, molto solide, che durano a lungo. Sono infatti convinto che sia l’obsolescenza, il sempre nuovo che appare subito già vecchio, a inflazionare il pianeta moda”.

(da una conversazione con Gianfranco Ferrè del 5.1.1987)

Tessuti: Boggio Casero – Braghenti – Calvino – Carpini Capritex – Dondi Jersey – Fila – Fintes – Gommatex – Hausammann e Moos – Its Artea – Larusmiani – Lessona Limonta – Loro Piana – Lanificio Piacenza – Redaelli Velluti – Rivertex – Tollegno – Torello Viera – Whiteley e Green.

Filati: Biagioli – Cardintex – Filatura di Tollegno – Lineapiù – Ricignolo – Texwell

Gianfranco Ferrè ringrazia CESARINI SFORZA per lo spumante.

ua2002ai

“Quando ho cominciato a disegnare la collezione, a scandirla per momenti ed occasioni, mi sono accorto che prevalevano suggestioni di libertà e di essenzialità, rafforzate dalla volontà di rileggere le formule abituali del vestire in un’ottica di scioltezza e di solidità. Per questo, ho voluto correggere la natura formale di certi canoni con accenti sportivi ed una propensione spiccata al comfort, che si traduce in una linea più comoda e dettagli di intelligente praticità. Così, la giacca in tweed bianco e nero è dotata di un gilet attrezzato, tasche a soffietto rifinite con precisione, soffietti a carniere sulla schiena. Il gilet, costruito con rigore e perfezione, è però in tecno-pelliccia e si infila sopra la giacca senza intaccarne l’agilità.

Per sciogliere ancora di più le forme, ho svuotato l’interno di spalline e imbottiture, lasciando soltanto una leggera arricciatura alla spalla, che dà alla linea della giacca un’assoluta naturalezza. Nella logica della radicalità, la giacca risulta dichiaratamente oversize: non semplicemente larga, ma almeno di un paio di misure più ampia, se si porta con il pullover a collo alto. Oppure è decisamente asciutta e snella, fino a sembrare una fodera sul corpo, virata in tinte pastello che mi piace definire austriache, perché mi ricordano quelle delle ceramiche e dell’Augarten Porzellan.

Superando tipologie scontate – soprattutto blouson, parka e giubbotti – ho fuso in modo insolito il formale e l’informale, attribuendo dotazioni tecnico-sportive ai pezzi iperclassici del guardaroba. Sottolineando, al contempo, la necessità di coprire, riscaldare, proteggere dalle temperature sottozero. Ho imbottito, per esempio, il consueto paltò da città, trasformandolo in cappotto-piumino, che sia di cachemire Principe di Galles, che sia di tweed, o gessato bianco e nero, con l’interno in materiale termoisolante. A prova di grande freddo, ho imbottito anche le giacche in tessuti più leggeri. A sorpresa, ho realizzato il paltò sartoriale in denim, associandolo al pantalone di velluto stretch, che sembra solcato da pieghe e striature dovute all’uso. Ho coibentato il camoscio per lo scarponcino che ricorda le vecchie scarpe da basket ed ha la suola in gomma abbastanza alta da creare un’ulteriore barriera contro il gelo.

Con volontà deliberata, ho accostato segni di normalità, dichiarazioni di eccentricità e manipolazioni alchemiche. Ho mescolato il nero al grigio in maniera desueta anche se volutamente rigorosa. Assortendo flanelle e cachemire, li ho privilegiati insieme al velluto, che offre il piacere ed il vantaggio di superfici più dolci del normale cotone. Ho voluto i loden tradizionali in sfumature marroni e grigio nebbia, ma anche i velluti e i fustagni in versione tartan, avvicinati a stampe mimetiche in cavallino, vagamente absburgiche. Ho abbinato alle severe giacche da sera blu notte con i revers alti e chiusi i cappotti di grossa tela di cotone stretch imbottiti di pelle bordeaux. Insieme a cravatte e maglie finissime che paiono lavorate ai ferri, sciarpe in visone stropicciato ed appiattito dal lavaggio, soprabiti in seta foderati con la pelliccia di castoro traforata ed aerea.

Sono i segni di un’eleganza personalissima, che mi richiama alla mente certe immagini di Gustav Mahler, ritratto con le mani in tasca sotto le arcate dell’Opera di Vienna. Oppure stretto nel cappotto scuro, mentre attraversa la Piazza della Città Vecchia di Praga sferzata dal vento. E forse dalla Storia…”

Gianfranco Ferré

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Cinture – Cravatte – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Bemberg Cupro – Bonotto – Campore – Clerici – Colombo – Ferla – Fila – Fratelli Ormezzano – Fratelli Bacci – Giuseppe Botto – Gruppo Dondi – Jackytex – Leomaster – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Moessmer – Oreste Boggio Casero – Piacenza – Pontoglio – Redaelli Velluti – Ricceri – Serikos – Sordevolo – Tessile Sperimentale – Tessitura di Quaregna – Tessitura di Tollegno – Torello Viera – Verga

Fashion Show Production: Sergio Salerni – e20

Musica: Matteo Ceccarini

ua1999ai

“Nel vestire che cambia, niente cambia più del vestire da uomo, con le sue impreviste combinazioni di libertà e di atteggiamenti. Una miscela ad alto tasso di variabilità che obbliga anche te, che stai disegnando, ad esprimere una concretezza, una ragione d’essere dei singoli pezzi ed elementi che poi ognuno declina ed adatta secondo lo spirito e la propria personalissima volontà di volare.

A questo punto del percorso, allo stilista spetta il compito di realizzare – in modo quasi emblematico – il formulario della buona qualità, della naturalezza, di quella sofisticazione che nasce dalla solidità consapevole del gusto. Così, ho lavorato secondo questo spirito elementare, spontaneo, ma certo non minimale. Anzi, direi lussuoso, perché ho applicato le tecnologie più avanzate a materiali puri quali lana, cachemire e feltro di cachemire, pressato come quello dei cappelli.

Ho dato sveltezza e dinamismo ai caratteri formai della giacca e del cappotto, rinforzando, trapuntando, gonfiando in alcuni punti la struttura e foderando il paltò con uno strato leggero di piume d’oca e di pellicola termocoibente. Al jeans, protetto con un trattamento simile a quello usato per le tute da moto, ho aggiunto solidità e spessore. Per suggerire un senso di massima scioltezza che rimandi alla natura del capo, dei volumi, degli elementi che lo compongono, si può passare dal visone autentico al visone artificiale per gli interni, dal nylon alla foca per i giubbotti larghi. Mentre i paltò di feltro sono approntati con accuratezza tradizionale ed i cappotti di normalissima lana, per contrasto, sono tagliati con il laser.

Il comfort della forma a uovo, avvolgente, quasi tonda, è sottolineato, a parere mio dalla scelta morbida dei colori: marrone bruma misto a viola e grigio, verde unito all’acciaio, avorio e il classico cammello con il nero assoluto. Ma ho voluto realizzare anche una linea più asciutta e sartoriale, con revers piccoli e con spalle costruite ed accentuate da sottospalline di crine. Senza compiacimenti e lusinghe.

Certi narcisismi, mi sembra, sono stati superati dalla libertà dei gesti. Più che narciso, oggi l’uomo è libero: libro di scegliere, di mescolare il giorno alla sera, di portare la T-shirt sotto il cappotto non come indizio di raffinatezza, ma di barbara esultanza. E perfino il breitschwanz sulla flanella perde ogni allusione classica per colare come una macchia d’olio. Una pennellata selvaggia di silicone…”

Gianfranco Ferré

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Agnona – Bartolini – Bemberg Cupro – Bonotto – campore – Cerici – Colombo – Cugnasca – Dondi Jersey – Ferla – Fila – F.P.R. – Girani – Giuseppe Botto – Jackytex – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Moessmer – Piacenza – Pontoglio – Redaelli Velluti – Ricceri – Serkos – Soies de France – Torello Viera – Verga – zamori

Show Production: Sergio Salerni – e20

ua1999pe

“La scioltezza rilassata del tutto nero anche d’estate, il comfort della linea e delle nuove strutture, l’intelligenza di formule che, della qualità, fanno la giusta misura degli investimenti…

Ho tradotto questo percorso logico ed insieme estetico nel concetto di reversibilità. Quindi, giacche di voile che, rigirate, mostrano l’interno uguale all’esterno. Ma anche stoffe doppiate o double, in lino e lana, foderate di voile, dall’effetto ipersottile e fluido sul corpo. Interni insolitamente portati all’esterno, tessuti usati per i rinforzi da sartoria trasformati in canape o in sete…

Mi sono accorto, disegnandola, che circolava un vago senso di narcisismo in questa collezione. Il piacere di essere libero da ogni complesso e rigidità, con la consapevolezza di mostrare quello che si è o che si vuole gli altri vedano. Seta, dunque. Gabardine di seta simile al denim, abiti impeccabili in taffettà, in faille…

Se ogni tessuto è trasformato da invenzioni ed alchimie, la pelle appare stropicciata come se fosse stata infilata in tasca, le camicie sembrano solide come giacche. Le giacche sfoderate leggere come camicie. Il denim a tripla ritorcitura appare leggero e malleabile: da tagliare, modellare, foderare, costruendo giacche calibratissime e quasi sartoriali, nervaturando le pieghe per conferire ufficialità al jeans più tradizionale, ma con un aspetto lussuoso…

Con spirito di perfetta innocenza e gusto di scolastica trasgressione, ho preparato pantaloni stretti e piccoli di taffettà, uno sportswear elegantemente disinvolto di faille o di raso di cotone, per dare tocchi di luce senza cadere nel colore. Così, la sabbia sporca il nero e lo tramuta in beige, ma i colletti non sono mai stati così bianchi…

Anche il passo all’insegna del comfort: suole in poliuretano aerato, per zoccoli in cocco, in legno molleggiato o in gomma iperlucida. Tradizione ed ancora trasgressione: cocco con legno, gros con gomma, gomma con cuoio … ”

Gianfranco Ferré

Accessori GIANFRANCO FERRE’: Calze – Cinture – Cravatte – Guanti – Occhiali – Scarpe – Sciarpe

Tessuti: Bartolini – Bemberg – Bocchese – Bonotto – Bossi – Campore Canepa – Clerici Tessuto – Colombo – Dondi Jersey – Ferla Fintessile – Girani – Jackytex – Lessona – Limonta – Loro Piana – Manifattura Ferno – Manolo Borromeo – Mauro Spriano – Paganini – Paolo Gilli – Ricceri – Serikos – Solbiati Sasil – Sordevolo – Spence Bryson – Taroni – Tessitura di Quaregna – Tessitura di Tollegno – Torello Viera – Verga

Hair-style: Aldo Coppola per L’Oréal Professionnel

ua1986ai

“Il comfort come educazione della mente. Un comfort elementare per proporzioni e per materia: il jersey povero – la felpa – utilizzato nei veri capi spalla, cappotti, giacche, pantaloni. Le mischie di filati nobili, seta e cashmere, seta e camelhair, che danno un aspetto scattante e insieme morbido. L’interlock di alpaca per la maglieria, piatta ed elastica. E, sotteso a ogni capo, costante, un senso di pulizia e una semplicità che non ne occultano la prestanza e lo slancio: perchè ho delineato una chiave modernista del vestire tradizionale senza costrizioni e, direi, senza premeditazioni. Tutti i colori si mescolano, tutte le forme sono previste e compatibili, ma l’immagine risulta forte. Compatta.”

(da una conversazione con Gianfranco Ferré del 7.1.1986)

Design. Ritornano la spalla tonda, la vita segnata dai tessuti gonfi ed elastici, il blusotto – per chi vuole un over corto e caldo – e il paltò aderente, stretto, lungo che equivale al cappotto classico di ieri – per chi preferisce un capo lungo. Grande varietà di forme nella maglieria: niki, polo, gilet, cardigan, sweater a collo alto.

Dettaglio. I bottoni sono nascosti. La toppa, caratteristica del tricot Ferrè, è talmente voluminosa da coprire l’intera spalla. La cravatta è a disegni complessi e soffusi, tono su tono: grandi bandiere che sventolano su uno sfondo a puntini. Virgole cashmere l’una sull’altra, per un gioco di macro-strutture e di gigantismi. Fondi operati, ottenuti con una sovrastampa a pigmenti.

Evoluzione. Il jersey trattato a tessuto per cappotti dalla consistenza nuova. Il panno gommato all’esterno e craquelée, forte e resistente come un montone. La lana ristrutturata, che mescola al pelo un filo sottile per ottenere una trama flessibile. La camicia e i pantaloni di peso uguale e di uguale tessuto, per sottolineare il gusto della divisa. Il camoscio o il cuoio a concia vegetale dall’aspetto lucido, quasi fosse già stato usato, che si schiarisce lungo le cuciture.

Perfezionismi. La giacca di velluto, il gilet a doppio petto con il rever rialzato che rende di fatto invisibile la camicia; la giacca di velluto mosto con i pantaloni di velluto nero; il blazer di vicuna con i pantaloni smoking e il pullover a collo alto. Uguali eleganze per la notte: la vestaglia in doppia vyella, l’accappatoio foderato di spugna, il pigiama e la vestaglia coordinati. Ma anche i pantaloni del pigiama e la niki di felpa, o di alpaca, come pratica tenuta da casa.

Rilassatezze. I colori mescolati con quella noncuranza che è indizio di una cura raffinata: dagli ocra al cammello, dai blu ai neri, l’intera gamma dei neutri e dei freddissimi. Uniti, sovrapposti, articolati l’uno sull’altro, compresa la palette dei rossi fino a un’intensa sfumatura vino.

Tessuti: Bocchese – Boggio Casero – Braghenti – Calvino Carpini – Dondi Jersey – Fila – Fintes – Hausammann e Moos – Its Artea – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Ormezzano – Rivertex – Torello Viera – Whiteley e Green

Filati: Cardintex – Lanificio dell’Olivo – Lineapiù – Ricignolo -Zegna Baruffa –

Foto: Bob Krieger

ua1986pe

“Ho pensato a una nuova scioltezza, a una souplesse che nasce da una cultura ben radicata, che restituisce il piacere di certi materiali, di certi accostamenti, che diventa gusto, scelta, comportamento. Ma tutto nel comfort, nella matrice di una educazione tradizionale…. Come tradizionale è il mio modo di pensare all’abbigliamento maschile, costruito con un senso del relax, una disinvoltura che è diventata ormai il lessico del mio lavoro. Se dovessi scegliere una parola, una frase che segna la collezione, direi: senza problemi. Senza problemi, il blu, che con lo stesso spirito diventa nero, o marrone fino al bordò, e si mescola al bianco. Senza problemi, il giubbotto, se è necessario. O la giacca, o il completo. Con una maturità di comportamento, una sicurezza che è il segno più preciso del gusto”.

(da una conversazione con Gianfranco Ferré del 2/7/85)

Nuovo relax. Con il jersey di lana e lino, o di lino e viscosa. Per giacche dove è rispettato ogni canone sartoriale, ma sciolte e destrutturate.

Nuovo rigore. Con un’immagine vagamente “uniforme”: argentina e pantaloni dello stesso colore e consistenza, a volte completate dalla giacca. La giacca che annulla il valore della camicia, con il collo all’impiedi, rigoroso. La camicia stretta, da portar fuori dai pantaloni, con tagli sbiechi che ridimensionano l’ampiezza. Il blu rinfrescato dalla tela Cina, i neutri, i coloniali.

Nuova fermezza. Con l’identica modellazione in materiali diversi: la maglia nido d’ape in cotone povero, la seta nobile a toni brillanti. Sempre la felpa, ma in lana e nel colore più tipico: il blu. Sempre i completi classici di grisaglia, lino, gessato a punta spillo: doppiopetto, camicia bianca e cravatta regimental, pois, rigata. Ma anche mimetica, quasi invisibile, ghiaccio su bianco.

Nuova praticità. Con l’impermeabile molto lungo, ma anche molto leggero in toni densi. Oppure al ginocchio, di solido canvas, o di tela doppiata e sostenuta, o di gabardine rigida. Con il giubbotto diritto, che non segna la vita e non fascia i fianchi. Con la camicia di taglio elementare, in drill smerigliato, seta, popeline. Ma anche con un certo spessore, una consistenza: in tela Cina, gabardine di lino, lavato perchè perda rigidità e diventi lucido. Oppure stampata: pois sopra pois, grafismi da cravatta, simboli ingigantiti.

Nuova disinvoltura. Con pantaloni “a righe cameriere” blu su rosso, il blazer blu e la camicia color pesca, da play-boy. (Ma il blazer blu si presta a sei combinazioni diverse). Con il fresco di lana formale abbinato alla t-shirt. Con le righe materasso mescolate alla pelle ultra light, cucita al vivo. Con le scarpe in pelle di cervo e la suola a più strati in pelle di bufalo. O le espadrillas di tela rossa e rosa. O con i mocassini dalla suola di gomma e la tomaia di pelle sfoderata, tipo pantofola.

Nuova formalità. Con le giacche-smoking in tela di seta o picché di cotone sulla polo bianca. Con il blazer di lino corposo, ma di struttura sciolta. Con i tocchi di rosa e di rosso sui pantaloni tradizionali.

Tessuti: Bocchese – Boggio Casero – Bonotto – Braghenti – Calvino – Carpini – Dondi Jersey – Ferla – Fila – Fintes – Helitex – Its Artea – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Rivertex – Solbiati Sasil – Torello Viera

Filati: Filati Pucci – Filatura di Tollegno – Ricignolo

Foto: Bob Krieger

Gianfranco Ferré ringrazia la Banca Popolare di Milano che gentilmente ha acconsentito la presentazione della collezione nel suo palazzetto Corio Casati di Milano.

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“Il comfort come educazione della mente. Un comfort elementare per proporzioni e per materia: il jersey povero – la felpa – utilizzato nei veri capi spalla, cappotti, giacche, pantaloni. Le mischie di filati nobili, seta e cashmere, seta e camelhair, che danno un aspetto scattante e insieme morbido. L’interlock di alpaca per la maglieria, piatta ed elastica. E, sotteso a ogni capo, costante, un senso di pulizia e una semplicità che non ne occultano la prestanza e lo slancio: perchè ho delineato una chiave modernista del vestire tradizionale senza costrizioni e, direi, senza premeditazioni. Tutti i colori si mescolano, tutte le forme sono previste e compatibili, ma l’immagine risulta forte. Compatta.”

(da una conversazione con Gianfranco Ferrè del 7.1.1986)

Design. Ritornano la spalla tonda, la vita segnata dai tessuti gonfi ed elastici, il blusotto – per chi vuole un over corto e caldo – e il paltò aderente, stretto, lungo che equivale al cappotto classico di ieri – per chi preferisce un capo lungo. Grande varietà di forme nella maglieria: niki, polo, gilet, cardigan, sweater a collo alto.

Dettaglio. I bottoni sono nascosti. La toppa, caratteristica del tricot Ferrè, è talmente voluminosa da coprire l’intera spalla. La cravatta è a disegni complessi e soffusi, tono su tono: grandi bandiere che sventolano su uno sfondo a puntini. Virgole cashmere l’una sull’altra, per un gioco di macro-strutture e di gigantismi. Fondi operati, ottenuti con una sovrastampa a pigmenti.

Evoluzione. Il jersey trattato a tessuto per cappotti dalla consistenza nuova. Il panno gommato all’esterno e craquelée, forte e resistente come un montone. La lana ristrutturata, che mescola al pelo un filo sottile per ottenere una trama flessibile. La camicia e i pantaloni di peso uguale e di uguale tessuto, per sottolineare il gusto della divisa. Il camoscio o il cuoio a concia vegetale dall’aspetto lucido, quasi fosse già stato usato, che si schiarisce lungo le cuciture.

Perfezionismi. La giacca di velluto, il gilet a doppio petto con il rever rialzato che rende di fatto invisibile la camicia; la giacca di velluto mosto con i pantaloni di velluto nero; il blazer di vicuna con i pantaloni smoking e il pullover a collo alto. Uguali eleganze per la notte: la vestaglia in doppia vyella, l’accappatoio foderato di spugna, il pigiama e la vestaglia coordinati. Ma anche i pantaloni del pigiama e la niki di felpa, o di alpaca, come pratica tenuta da casa.

Rilassatezze. I colori mescolati con quella noncuranza che è indizio di una cura raffinata: dagli ocra al cammello, dai blu ai neri, l’intera gamma dei neutri e dei freddissimi. Uniti, sovrapposti, articolati l’uno sull’altro, compresa la palette dei rossi fino a un’intensa sfumatura vino.

Tessuti: Bocchese – Boggio Casero – Braghenti – Calvino Carpini – Dondi Jersey – Fila – Fintes – Hausammann e Moos – Its Artea – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Ormezzano – Rivertex – Torello Viera – Whiteley e Green

Filati: Cardintex – Lanificio dell’Olivo – Lineapiù – Ricignolo -Zegna Baruffa –

Foto: Bob Krieger

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“Ho pensato a una nuova scioltezza, a una souplesse che nasce da una cultura ben radicata, che restituisce il piacere di certi materiali, di certi accostamenti, che diventa gusto, scelta, comportamento. Ma tutto nel comfort, nella matrice di una educazione tradizionale…. Come tradizionale è il mio modo di pensare all’abbigliamento maschile, costruito con un senso del relax, una disinvoltura che è diventata ormai il lessico del mio lavoro. Se dovessi scegliere una parola, una frase che segna la collezione, direi: senza problemi. Senza problemi, il blu, che con lo stesso spirito diventa nero, o marrone fino al bordò, e si mescola al bianco. Senza problemi, il giubbotto, se è necessario. O la giacca, o il completo. Con una maturità di comportamento, una sicurezza che è il segno più preciso del gusto”.

(da una conversazione con Gianfranco Ferré del 2/7/85)

Nuovo relax. Con il jersey di lana e lino, o di lino e viscosa. Per giacche dove è rispettato ogni canone sartoriale, ma sciolte e destrutturate.

Nuovo rigore. Con un’immagine vagamente “uniforme”: argentina e pantaloni dello stesso colore e consistenza, a volte completate dalla giacca. La giacca che annulla il valore della camicia, con il collo all’impiedi, rigoroso. La camicia stretta, da portar fuori dai pantaloni, con tagli sbiechi che ridimensionano l’ampiezza. Il blu rinfrescato dalla tela Cina, i neutri, i coloniali.

Nuova fermezza. Con l’identica modellazione in materiali diversi: la maglia nido d’ape in cotone povero, la seta nobile a toni brillanti. Sempre la felpa, ma in lana e nel colore più tipico: il blu. Sempre i completi classici di grisaglia, lino, gessato a punta spillo: doppiopetto, camicia bianca e cravatta regimental, pois, rigata. Ma anche mimetica, quasi invisibile, ghiaccio su bianco.

Nuova praticità. Con l’impermeabile molto lungo, ma anche molto leggero in toni densi. Oppure al ginocchio, di solido canvas, o di tela doppiata e sostenuta, o di gabardine rigida. Con il giubbotto diritto, che non segna la vita e non fascia i fianchi. Con la camicia di taglio elementare, in drill smerigliato, seta, popeline. Ma anche con un certo spessore, una consistenza: in tela Cina, gabardine di lino, lavato perchè perda rigidità e diventi lucido. Oppure stampata: pois sopra pois, grafismi da cravatta, simboli ingigantiti.

Nuova disinvoltura. Con pantaloni “a righe cameriere” blu su rosso, il blazer blu e la camicia color pesca, da play-boy. (Ma il blazer blu si presta a sei combinazioni diverse). Con il fresco di lana formale abbinato alla t-shirt. Con le righe materasso mescolate alla pelle ultra light, cucita al vivo. Con le scarpe in pelle di cervo e la suola a più strati in pelle di bufalo. O le espadrillas di tela rossa e rosa. O con i mocassini dalla suola di gomma e la tomaia di pelle sfoderata, tipo pantofola.

Nuova formalità. Con le giacche-smoking in tela di seta o picché di cotone sulla polo bianca. Con il blazer di lino corposo, ma di struttura sciolta. Con i tocchi di rosa e di rosso sui pantaloni tradizionali.

Tessuti: Bocchese – Boggio Casero – Bonotto – Braghenti – Calvino – Carpini – Dondi Jersey – Ferla – Fila – Fintes – Helitex – Its Artea – Larusmiani – Lessona – Limonta – Loro Piana – Rivertex – Solbiati Sasil – Torello Viera

Filati: Filati Pucci – Filatura di Tollegno – Ricignolo

Foto: Bob Krieger

Gianfranco Ferrè ringrazia la Banca Popolare di Milano che gentilmente ha acconsentito la presentazione della collezione nel suo palazzetto Corio Casati di Milano.

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“Ritornare alle radici, a un gusto europeo… Nizza, Cannes, Venezia… passeggiate in niki blu e pantaloni di lino stropicciati… gesti consueti, piacere di assaporare parole e forme classiche… Ricercare la semplicità più complessa per arrivare a una nuova tradizione dell’abito maschile… Vestirsi per sè e non per ostentazione di sè… Riproporre tessuti, materiali, accostamenti senza l’equivoco del déjà-vu… Non diversamente dallo scrittore davanti al foglio bianco, ripulire, eliminare gli eccessi, andare all’essenza delle cose. Ricordando l’asciuttezza composta di Frederick Forsyth o di Raymond Chandler…”

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferrè, luglio ’83)

Ri-comporre il colore. I bianchi tagliati con i neutri o con un algido color mastice. Una base virile di bordeaux, verde biliardo, blu opaco con una punta di grigio. Toni ben definiti e vitali.
Re-interpretare il tessuto. Crêpe di lana doppio (per giacche sfoderate e impalpabili). Picchè di lana, grisaglia scattante di lino e lana. Shantung di lana. Madras di seta e lino. Righe liftier in seta (le sfumature si intridono, si impastano, si frantumano). Effetti di grisaglie inglesi a trama aerata. Seersucker, gabardine di cotone rigato leggerissimo (ma per i pantaloni). Intercambiabilità tra i tessuti dei completi e degli spezzati.
Re-inventare i materiali. Patchwork di lavorazioni per il tricot. L’elasticità della costa si articola negli snodi (gomiti, giro-manica), mescolando pekari da guanto e maglia, panno peso piuma e maglia. Doppia faccia per la pelle: reversibile, camoscio e cinghiale in tonalità diverse, incorniciato da coste bicolori. Camoscio peso piuma per le polo e i pantaloni.
Ri-costituire la giacca. Spalle morbide, ma non spioventi, o tagliate in sbieco per dare enfasi alla figura (senza alterare le dimensioni). Un’accresciuta possibilità di movimenti ottenuta con sbiechi al giro manica. La leggerezza del tessuto camicia per moltiplicare le sfumature: esterno su interno, liberamente. La formalità del blazer blu alleggerita dalla lana ad armatura lucida e dai pantaloni nero carbone. Per la sera, lo smoking bianco in fresco di lana con i pantaloni in picchè di cotone. La giacca a righe pigiama sulla t-shirt in filo di scozia e pantaloni neri da smoking.
Ri-disegnare i pantaloni. Scivolati, stretti in vita da cinghiette che calibrano il volume. Lino, seta mista a lino per alleggerire la “mano”.
Ri-valutare la camicia. Pieghe e soffietti per costruire l’ampiezza. Nel rispetto dei canoni classici: popeline, lino, seta fil à fil, collo a giro.

Tessuti: Bocchese – Bonotto – Braghenti – Dondi Jersey – Ferla – Fila – Fintes – Guabello – Helitex – Its Artea – Jackytex – Larusmiani – Loro Piana – Solbiati Sasil – Testa Torello Viera

Filati: Filati Pucci – Filatura di Tollegno – Ricignolo _

Foto: Bob Krieger

Ringraziamo
DETTO PIETRO Srl. – DIVISIONE CICLO – Milano – per la fornitura di biciclette RALEIGH.
RAVIZZA SPORT per la fornitura degli attrezzi da pesca
A.C.C. ASSOCIAZIONE CURLING CORTINA per la fornitura dell’equipaggiamento da curling.
PIERO DELLA VALENTINA per la fornitura dei pallets

da2006pe

Il candore, la leggerezza, un tocco di frivolezza, consapevole e dunque composta: mi risulta facile, quasi spontaneo, sintetizzare in queste parole le emozioni che percorrono la mia nuova collezione. Sono questi i segni distintivi della femminilità che ho voluto raccontare, gioiosa e solare, eppure sobria e aggraziata. Una femminilità appassionata e riservata, che fa pensare alle donne latino-americane, hermosas y preciosas…

… Il candore è quello della luce intensa di mezzogiorno che si riverbera sulle facciate degli edifici coloniali e delle fastose cattedrali messicane. Il bianco non è soltanto un colore: è una dichiarazione di vitalità e di purezza. L’ho scelto per scandire una parte importante della collezione, connotata da linee e volumi nitidi e precisi: nelle giacche, nei blouson e nei pullover piccoli – ravvicinati alla figura e ridotti sulle spalle – che si oppongono alle gonne arrotondate sui fianchi, appena scese in vita e decisamente vincenti sui pantaloni, che, quando ci sono, non superano la lunghezza del bermuda per lasciare libere le gambe. In un equilibrio raffinato tra essenzialità ed enfasi, il candore del bianco declina immancabilmente le bluse di organza, mosse da mille piegoline fittissime, lavorate a punto smock o nido d’ape, profilate da nappine e ponpon, arricchite da sontuose maniche a sbuffo, a balloon, a nuvola… Per attenuare il riverbero accecante del bianco, l’ho affiancato alle più calde e dense tonalità del legno – bois de rose, sandalo, palissandro, mogano – che talora sconfinano nelle sfumature non meno intense dei fiori selvaggi della Sierra: rosso sangue, cinabro, carminio…

… La leggerezza è, innanzitutto, quella delle materie dell’estate, il voile di cotone e la georgette in particolare, che ho utilizzato anche per i capi sport, così da conciliare freschezza e comfort. Persino la pelle dei giubbini in bufalo e in cervo – in sé corposa e granulosa – diventa alchemicamente duttile e morbida, acquistando una consistenza simile a quella del popeline. Sfidando la legge di gravità, tutto è lieve, anche quando sulle superfici risaltano pizzi e ricami preziosi, accanto a una serie infinita di lavorazioni minuziose nei motivi a filet, a punto pieno, ad ajour, a crochet, a macramé doppio, a trafori floreali, non di rado assemblati a patchwork nelle giacche e nei pullover. Anche le borse paiono non avere peso, sono esagerate nelle dimensioni e flosce come bisacce, si portano a tracolla e quasi si avvolgono al corpo. Ma la leggerezza può essere anche la nonchalance di un gesto, di un vezzo, che induce a stringersi addosso lo scialle a mantilla in finissima maglia di seta a righe bajadère, oppure in cotone a trama grossa, per proteggersi dalla brezza della sera lasciando fluttuare la gonna volante in tulle ricamato…

… La frivolezza, in verità, è tripudio, vivacità, magia. E’ l’opulenza incantata che ho voluto esplodesse soprattutto di sera. Nei pizzi dorati e nelle cascate di catene tintinnanti e risplendenti, che richiamano alla mente i gioielli sacri della Virgen de Guadalupe. Nelle T-shirt velatissime – sexy e caste insieme perché lasciano nude le spalle ma coprono il collo – tempestate di pietre dure, di boule argentee, di applicazioni dorate e sbalzate. Nelle gonne e negli abiti aerei, anche se sontuosi nelle dimensioni, rigorosi nell’aplomb architettonico, mossi da balze di colori diversi, solcati e arricciati da nastri in gros grain, rialzati sul davanti e allungati dietro in un accenno di strascico… La frivolezza, infine, conferisce un appeal intrigante agli zoccoli e ai sandali a listini intrecciati: svettanti sui plateau di legno sagomato ed inguainato nel camoscio impalpabile color nudo, danno slancio e solidità alla figura, scattante e ieratica, che riflette la sua ombra paseando per le vie e le piazze della città, sfidandone la calura. In attesa che arrivi il tramonto…”.

Gianfranco Ferré

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Identificazione di un uomo
“Mi piace pensare che il protagonista sempre coerente, sempre uguale, eternamente forte, sia stato superato. E che l’uomo abbia invece raggiunto, attraverso le esperienze, il modo di vivere, i cambiamenti di gusto e di costume, un rapporto con se stesso. Direi addirittura fisico, con la propria faccia. Quindi sia diverso, secondo i momenti e le occasioni. Se lavora al Fondo Monetario, la responsabilità e il ruolo esigono si presenti come un business-man. Se viaggia – e credo avvenga spesso, per scelta e per affari – assorbe i colori, il clima, la rilassatezza dell’ambiente. Li conserva dentro di sè come una nostalgia. È quel sentimento indefinito che i grandi cosmopoliti chiamano mal d’Africa, mal d’India. La somma di più società, filtrate dalla memoria. E forse Errol Flynn”.

(Gianfranco Ferré, conversazione registrata il 3 luglio ’82)

Gli elementi del gioco
Vestire classico. Nessuna interpretazione, nessuna scappatella di linea o di tessuto. Se dev’essere formale, che sia impeccabile: giacche con la spalla importante e morbida, revers ben visibili, il leggero “fresco” di lino, la mischia tropicale di cotone e lino, di seta e cotone.
Vestire sport. Un ricordo di polo e di cricket, nel bianco mescolato ai classici colori inglesi. Più il tocco di uno stemma. Con tasche tipo gilet in due toni contrastati, blusotto in pekary forato, niki in spugna.
Vestire caccia. Ma nella savana e nei deserti, assolutamente mimetico tra la terra e i tronchi. Il giubbotto e la camicia saharienne hanno tasche volanti – paravento e portadocumenti – in grisette di cotone con applicazioni di pekary forato. l pantaloni sono a vita alta, con doppio passante e tasca sigillata antisabbia.
Vestire naturale. Come in una fattoria sugli altipiani del Kenia, in una vacanza nel Rajastan, in un bar di Nairobi. Giacche leggere, a rigature da straccio indiano, addirittura a quadretti tipo asciugamano. Colori da mercato di spezie, orientali, uniti al bianco pelle d’uovo della camicia e dei pantaloni, al cuoio delle scarpe Old England bicolori. Camicie spesso senza collo, talvolta senza bottoni, con la chiusura semplicemente a soffietto.
Vestire di maglia. Interlock con patch di camoscio. Spugna, dal verso cimato e al contrario, con popeline di cotone. Pekary forato e mélange di fibre naturali a formare righe. Seta/lino, cotone/lino, grezzi come se fossero lavorati a mano, con maniche di cotone da rimboccare. Il massimo del comfort, come le scarpe silenziose a espadrillas, ma di cuoio, e le cinture morbide, a intreccio di materiali diversi.

(Ripercorrere l’itinerario leggendo Breve la vita felice di Francis Macomber, di E. Hemingway).

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Rispetto della tradizione e volontà di innovare sono i canoni seguiti nella creazione della mia prima collezione – uomo, per la quale ho avvertito la necessità di puntualizzare l’uso e la funzione di alcuni capi guida del guardaroba che, a mio parere, negli ultimi anni hanno talvolta subito trasformazioni tali da svisarne il significato.

Perciò ho individuato e separato i capi per il tempo libero, che si prestano a maggiori innovazioni nella scelta dei materiali e ad interessanti soluzioni tecnologiche e i capi che appartengono alla tradizione del vestire maschile – il cappotto, l’impermeabile, l’abito – che ripropongo con intenti chiari, rispettando la loro precisa funzione, ritenendo che non debbano essere falsamente moda o falsamente sport.

In questo modo si spiega la scelta a favore di linee sciolte, naturalmente ammorbidite, con spalle appena insellate e vestibilità confortevole, con dimensioni naturali ottenute rispettando precisi e tradizionali rapporti. Altrettanto chiara e motivata è la scelta dei colori strettamente legata alla funzione dei capi: da una parte i neutri, talvolta vivacizzati da filettature o dalle disegnature dei galles e dei pied-de-coq, dal l’altra una gamma di colori densi, colti dai toni del mosto, delle olive mature, della mostarda, e infine un ritorno importante del classico blu.

Nel dettaglio, alcuni dei temi fondamentali della collezione:

per cominciare, il pantalone, che ho voluto “pulito”, senza sovrastrutture o complicazioni, proporzionato nell’ampiezza del bacino e del fondo, facilmente abbinabile. Ad esempio un pantalone di cavallery di cotone, doppiato in tela, senza pinces o con pinces stirate molto laterali, ampio senza esasperazioni, può essere indossato e col pullover e col classico blazer senza perdere grinta e senza che l’immagine venga deformata.

Per la giacca ripropongo forme consolidate, nel pieno rispetto dei rapporti tra rever, dimensione della spalla e punto vita: unita al “suo” pantalone o sfusa, con o senza fodera, mono o doppio petto, ho voluto che la giacca riprendesse il suo ruolo importante, sia nella sua funzione “formale” sia nella versione tempo libero.

Anche della camicia ho colto i due usi fondamentali: se indossata con la cravatta, la camicia non può avere sconvolgimenti formali (anzi, anche i tessuti sono i tradizionali oxford e popeline) e l’attenzione è volta alla forma e alla compostezza del colletto; se usata per il tempo libero, ne ho enfatizzato la funzionalità: perchè protegga di più, ho sfruttato il sistema della doppiatura sul davanti, ripreso dalla tradizione della camiceria inglese e l’ho sostituita con una niki o con un gilet raddoppiato dello stesso tessuto.

I capi in pelle sono previsti in particolare per il tempo libero e lo sport, data la peculiarità del materiale che garantisce compattezza, confort e dinamismo. Giaccone, giubbotto e pantalone in pelle sono per me dei classici, riproposti proprio nelle loro forme più basilari, privati di inutili complicazioni e accessori, ma innovati nei materiali – quali la nappa rugosa e poi smerigliata – nei colori assolutamente vincolati alla tipologia del prodotto e negli abbinamenti degli interni, orsetto, nylon e cover coat, materiali questi ultimi che ancora una volta appartengono alla tradizione dell’abbigliamento maschile.

Anche per la maglieria ho previsto solo la versione tempo libero, con una scelta preferenziale per i tessuti a maglia assolutamente piatta e consistente, in filati di alpaca, cachemire o cammello, innovati e resi grintosi e funzionali da inserti a toppa in pelle, fustagno, cavallery o gabardine di cotone impermeabile.

Accessori

Scarpe con suola di para, mocassini stringati con suola carroarmato, scarpe con puntale e stringatura classica, anche in coccodrillo naturale opacizzato.

Cinture in fustagno, in coccodrillo o in pesante vitello smerigliato coloratissimo.

Sciarpe in cachemire.

Cravatte regimental su fondi operati a quadrati di grandi cachemire.

Materiali

Raso a doppia tramatura di cotone, doppio cavallery di lana per gli impermeabili; leggeri cover coat e cheviot lavorati e filettati brillantemente, tessuti a doppia frontura e grisaglie per gli abiti; cavallery e reps di lana, fustagno, pelo di cammello a grossa diagonale, damier a rilievo per le giacche; cavallery di cotone e di lana, tessuti a doppia trama, reps di lana, fustagno per i pantaloni; oxford, gabardine di cotone, popeline unito o rigato, fil à fil di seta, voile o piquet nido d’ape per le camicie; cammello, cachemire, alpaca per la maglieria; nappa, pelle smerigliata, suède per la pelle.

Fornitori

Cotonificio Monti – Fila – Fintes – Garlanda – Guabello – Its Artea – Larus Miani – Loro Piana – Tessitura Limonta – Testa – Torello Viera Wheatley : per i tessuti

Filati Pucci – Lanificio dell’Olivo – Linea Più – Zegna Baruffa : per i filati

Corius: per i pellami

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Collezione Prêt-à-porter

“Sfidare con spirito nuovo … Il che significa servirsi della semplicità per farne uno strumento sottile di decoro, non aver soggezione di certe forme canoniche e rinnovarsi. Oppure trasformare in vivacità tutto ciò che per sua natura è formale, contrapponendo maliziosamente il femminile al maschile.

E’ il segreto di una collezione libera, costruita lavorando su ciò che più mi piace e che vedo come l’inizio, lo sbocco di una strada futura. Dove sempre più forte è il desiderio, tipico del prêt-à-porter, di colpire, sedurre, accattivare, ma esprimendosi con un linguaggio che in fondo non gli è tipico e che deriva dall’alta moda: l’educazione alle proporzioni.”

Gianfranco Ferré

Riflettendo in merito alla collezione. Sentirsi a proprio agio nel tailleur senza maniche, con la giacca maschile decorata a stampe vistose e grafismi evidenti, sul pantalone in fresco di lana grigia. Apprezzare il comfort di un tailleur che contraddice il formalismo di un tessuto maschile, il fresco di lana, trasformando la giacca in un doppio gilet ben sostenuto: uno di picchè bianco, l’altro di tessuto. Estenuare la giacca virile, sciolta e svasata verso il fondo, con le preziose drapperie di seta, il nero del raso e il candore del piquet. Portando la collana a chicchi giganti di legno come un uomo porta la cravatta. Perdersi in grandi abiti diritti come pullover, con lo scollo a V o a giro, segnatissimi sul dietro, abbondanti davanti per un effetto di rimborso basso che crea tasche naturali.

Discorrendo di elementi già noti del vestire. Impadronirsi del colletto di una camicia maschile, ingigantirlo e farlo diventare una blusa sbracciata. Impossessarsi di forme conosciute come il trench, ma colorarlo di rosso, su pantaloni e giacca rossi. Oppure sostituire la camicia con il gilet, corto o lungo, e precisarlo con una giacca sfuggente sul dorso, esasperata dal colletto a risvolti giganti. Addolcire il giubbotto barracuda con la popeline di seta naturale.

Riportando a uno charme diverso il lessico canonico dell’abito. Muoversi noncurante nella t-shirt a righe bianca e nera, ornata da un colletto alto e laccato. Apprezzare la scioltezza dei blazer informali come cardigan. Rilassarsi nella camicia morbida dalla matrice sorprendente: la sciarpa maschile di seta (come la maglia, sviluppata intorno alla sciarpa classica écru). Stupirsi del piccolo abito aggressivo in mohair di seta e lana, diventato un lungo cardigan (sotto, il gilet di uguale lunghezza in piquet immacolato).

Affermando che la solidità delle necessità permette anche un senso di sana allegria. Scoprire un metodo nuovo di costruire l’abito, esasperando la gonna a vita alta e unendola al reggiseno, in modo che baleni un lampo di pelle nuda. Aprire al massimo i bottoni della giacca e della gonna. Osare la giacca stampata sulla sciarpa che sostituisce la blusa. Scegliere l’ufficialità dell’abito a cardigan lungo alla caviglia, chiuso da enormi bottoni d’oro, o dei tailleur-divisa bianchi, la giacca smisuratamente lunga e i polsi d’oro. Rinunciare al colore per il nero e il bianco. Oppure volerlo con forza, ma rispettando un principio di necessità: rosso, geranio, girasole, mastice. Con un gusto “puro e duro” per il decoro trompe-l’oeil di certe culture africane, riviste con occhio europeo. Ma ricordando che, nella nostra società, sono pure le materie industriali come la gomma, utilizzata infatti per costumi da bagno e top da spiaggia.

da1985ai

Prêt-à-porter Collection

” Ho cercato la decorazione… Non un’aggiunta gratuita, inutile, un barocchismo di maniera, ma il segnale di un’evoluzione dove ci fosse spazio per volumi e una fisicità nuovi.

Un atteggiamento diverso, insomma, che non si limitasse a cercare il funzionale, il pratico, l’utile, ma affrontasse questa idea proibita, questa zona in ombra della decorazione. Che ho interpretato esasperando certi schemi elementari e certi volumi: ho ingigantito il giubbotto con la coulisse e la giacca a sahariana, semplificato il pullover rendendolo una sciarpa avvolta intorno al busto e alle braccia, unito linee e aspetti opposti che però potessero convivere insieme, come insegnano certe culture orientali che mescolano l’essenzialità al gusto molteplice delle forme. Anche il colore risponde a questo concetto decorativo: il grigio – per me il nuovo neutro – si declina in sfumature più dense, con un senso plastico importante, e fa da sfondo a una gamma di toni puri. Il rosso, il turchese, il viola, il giallo… I colori della segnaletica urbana, della città industriale e paradossalmente, i più nobili, quelli di grande tradizione… I colori dei mandarini e degli imperatori giapponesi…. Perché ho voluto dimostrare, superando alcuni concetti estetici, che la forma è la sostanza e che uno stile può evolversi senza modificare”.

Gianfranco Ferré

Lessenziale. La silhouette disegnata dall’uniforme: il tailleur alla Mao di flanella grigia, aderente e sottile.

Il volume morbido. L’interno di mongolia nera e soffice per il cappotto di marocain dritto, chiuso perfettamente da un bordo orizzontale.

L’interno di mongolia nera e soffice per il cappotto di marocain dritto, chiuso perfettamente da un bordo orizzontale.

La neutralità. I pantaloni di bufalo a vita alta e non segnata (come le gonne) ma aderenti al corpo, e la sovra dimensione del giubbotto di melton.

I concetti contrapposti. Sull’uniforme grigia, i cappotti gonfi a colori puliti e vibranti, da lacca orientale.

Il nuovo vestito. Linea a scatola, svelta e scattante, con effetto giacca sul dorso, doppiato e chiuso dall’allacciatura.

Il taglio che dà ampiezza. Il giubbotto di alce strutturato attraverso nervature, e il dettaglio ’86: la sciarpa a volute astratte, sorretta da un gioco di nervature.

Il colore maturo. Rosso fino in fondo per il cappotto di panno pressato sfoderato e leggero, con tagli tondi che danno ricchezza allo slancio della schiena. O turchese fino in fondo per il cappotto di velour sull’abito-camicia da cui balena uno spicchio di gonna nera. O multicolore fino in fondo per i pullover a fasce contrastanti, lunghi e ampi.

Il pullover strutturato. Senso del volume, effetti di morbidezza e volute naturali, quasi delle spirali.

La sahariana gigante. Colori imprevisti e cashmere morbido raccolto dalla coulisse in fondo.

La forma sottolineata. La tuta in maglia di jersey a punto stoffa aderente al corpo per una soluzione inconsueta di tagli.

La plasticità. Lucidissimo su opaco: con il cappotto di montone laccato e la camicia confortevole in crêpe doppio dalla “mano” e dalla caduta pastosa. Gonfio su morbido: il taffetà impermeabile foderato di lupo, con un’ampiezza costruita attraverso pieghe e coulisse.

L’illusione. Camicetta di velluto stampato a breitschwanz sui pantaloni larghi di lana multicolore.

Il comfort. Per sere private e abbandoni segreti, la gonna lunga a ruota di flanella grigia con il cardigan a tutta lunghezza. E le camicie in seta stampata, che si incrociano strettissime a sciarpa.

Sera, variazioni sullo stile. Dal tailleur elementare, con la giacca ricamata a spirali di perline e la sciarpa di gazar nero, all’abito-bustier con la voluta di duchesse, dal pullover nero colletto e polsi ricamati come nuovi gioielli – sui pantaloni di flanella grigia alla camicetta di organza trasparente con spirali di passamaneria, dalla camicia di duchesse rigata che sembra “strappata” sulla schiena ai tubi di marocain nero, punteggiati dalla sciarpa a volute rigide. Dodici modi “di essere Ferré”.

da1980ai

Collezione Prêt-à-porter

Per il prossimo inverno 1980 Gianfranco Ferré propone una immagine femminile assai scattante, nitida nelle linee e nei volumi, suggerita da aspetti molteplici. Contrapposti in modo naturale e spigliato, con un denominatore comune: “dimensione sport” sempre; persino nei momenti eleganti, con glamour, con un pizzico di ironia.

Rifuggendo da schematismi o riferimenti, anche il tema più classico è reso estremamente attuale e vivo, perché ogni capo vale per la sua praticità, per la sua facilità, per la sua funzione, e allora tanti, tanti pantaloni, e gonne ampie perché confortevoli o a tubo essenziali, impermeabili di telone e cappotti di cammello rigorosamente aderenti al corpo, e allora, anche per la sera, parka; ma con l’interno in lamé o pantaloni e abiti a cappotto, assolutamente lineari, ma con scollatura e allacciatura sul dorso.

Nei materiali usati va sottolineata la qualità e l’attenta ricerca di nuove tecniche di lavorazione, per cui la swakara è trattato a tessuto, il gabardine è garzato all’interno per diventare più morbido, il pettinato di stampo maschile acquista lucentezza, il più classico dei tweed è illuminato da piccole scaglie d’oro, l’organza, gli jacquard, il taffetà di seta sono sempre più preziosi. Prezioso e raffinato anche il gioco dei colori: i toni naturali del cammello e della vicuna, mischiati anche nelle loro più profonde gradazioni, possono essere ravvivate o da tonalità squillanti o dai bagliori dell’oro.

“Gianfranco Ferré: il rosso perfetto”, Alessandro Martinelli

L’autore di questo saggio è Alessandro Martinelli, un giovane docente di matematica in un liceo, molto amato dai suoi studenti.

Appassionato di Moda, appassionato di Arte… la sua curiosità intellettuale non ha limiti e lo porta ad approfondire gli argomenti con collegamenti e contaminazioni, di facile ma avvincente lettura.

“Gianfranco Ferré: il rosso perfetto”